Freestyle e streetball: la storia di DaMove

Freestyle e streetball: la storia di DaMove

Ho avuto l’opportunità di incontrare Lorenzo Pinciroli, fondatore di DaMove al Court MLN, il primo playground indoor di Milano, che ha aperto i battenti in estate. Mi ha raccontato la sua storia incredibile e la nascita di DaMove, la prima crew di basket freestyle. Questa è la prima parte dell’intervista che abbiamo organizzato a Milano, mentre qui potete leggere la seconda parte.

Lorenzo Pinciroli e la passione per il basket

La passione per il basket nasce quando avevo 12-13 anni nel mio paesino in provincia di Novara, Oleggio Castello, c’era un campo da basket. Ho vinto a un banco di beneficienza un pallone da baskete ho iniziato a giocare perché avevo visto in televisione qualcosa di Nba.

Facevo calcio perché era l’unico sport del paese e per un paio d’anni ho giocato solo ai campetti, perché non c’era una squadra vicina. Finalmente insieme a un altro fissato, Stefano Comazzi viceallenatore di Verona ed ex viceallenatore di Torino, abbiamo convinto i nostri. Poi abbiamo preso due strade, ma abbiamo trovato una via per vivere di questo. Insomma, playground fin dall’inizio.

Playground, schiacciate e streetball

Il mio approccio è emulazione pura di quello che vedevo fare dai tape di Jordan, facevamo una lotta per registrare VHS e recuperare articoli. Erano gli anni d’oro della pallacanestro italiana e sono stato inserito all’interno di un contesto di basket regolare. Mentre mi miglioravano i fondamentali tecnici, mi sono sentito ingabbiato dall’altro lato. D’estate ho continuato a giocare ai campetti ero davvero addicted e sono stata ossessionato dal pensiero della schiacciata nonostante fossi fondamentalmente basso.

Credits: Andrea Frediani

Giocavo al campetto al pomeriggio, a calcio la sera stremato e dopo allenamento facevo cento schiacciate nel mio canestrino che alzavo sempre di più. Mi sono allenato con la squadra di B1 e nel 2000 abbiamo vinto il campionato. Siamo andati in A2 con il Borgomanero, diventata poi Novara. Erano gli anni d’oro dei tornei, è stato il vero lancio dello streetball Nike Playground League e lì ho conosciuto finalmente i miei simili. Quando sono arrivato per il primo evento a Milano in Piazza Castello ho visto una miriade di persone che giocavano e ho avuto la sensazione di essere a casa.

White Chocolate e DaMove

Nel 2000 ho partecipato ai primi tornei, venivo giù durante gli esami di maturità e sono finito a Viareggio per una tappa senza treni per rientrare. Un disastro. Ho conosciuto Fabio Mastromatteo del K-lean, a Milano alla gara di schiacciate, lui ha vinto l’Over 19 e io l’Under. Ci hanno chiamato per le finali di Riccione e ci hanno proposto di metterci in stanza assieme. Conoscendo altri dunker, abbiamo pensato che questa cosa non poteva finire.

Abbiamo formato due squadre, ci chiamavamo White Chocolate in onore di Jason Williams e DaMove e creato un gruppo, ci trovavamo al campetto che ha fatto il Gallo, in quegli anni era uno dei campetti di punta di Milano. Con le Nike Commercial di Freestyle abbiamo capito che stavamo facendo freestyle. Ci chiamavano ai camp, e ho iniziato a dire che questa cosa poteva diventare qualcosa di più. Ho tagliato le cose inutili e anche le cose a cui tenevo tipo progetti, allenare, mi toglieva troppo tempo e mi sono dedicato al freestyle. Questa è la primissima fase parliamo del 2000.

Dal freestyle a DaMove Freestyle Force

Fra il 2000 e il 2005 c’è stata la prima fase e cercavamo di convincere che il freestyle si poteva portare ovunque, dai palchi ai club poi vivevamo nel mood dell’hip hop. abbiamo fatto DaMove ft. Europe invitando altre crew dentro al Rolling Stones il club dove iniziavano i Club Dogo. Damove ft. Europe ha avuto un culmine al Trick of the year che organizzavano in Sardegna copiando il concetto di battle of the year, declinandolo alla pallacanestro.

Abbiamo fatto una battle of the year in un paesino in Sardegna a Carloforte con 4 crew da tutta Europa, quello è stato l’apice della prima fase. la crew originaria è arrivata fino a lì, poi c’è stato un cambio generazionale alcuni sono diventati giocatori di basket, come Oscar Gugliotta che era con noi e poi ha giocato alla Virtus. Intanto nasceva l’idea di fare uno show mix che accomunava il lifestyle, il freestyle e abbiamo lanciato il freestyle mix che è diventato DaMove Freestyle Force. Siamo stati la prima crew europea di basket freestyle.

Credits MICAM Milano

Gli olandesi, i tedeschi, gli inglesi continuavano a imitare gli americani, invece noi non ci identificavamo in questa cosa, noi giocavamo per vincere. All’inizio qualcuno ci considerava clown, io comunque ho grande rispetto per l’arte circense, ma veniva usato in termini dispregiativi. La seconda fase è stata la sfida del freestyle-mix che è diventata qualcosa di importante perché eravamo la prima crew al mondo a farla. Ci siamo tolti grandi soddisfazioni, mentre continuavamo a crescere con il basket freestyle show.

Dalle Euroleague Finals alla Cina

Uno dei momenti clou è Euroleague Finals a Milano. Essere i performer ufficiale di Eurolega in casa è stato importante per il freestyle mix che mischiava le due anime. Lo abbiamo portato all’estero, siamo stati in 25/26 paesi. Poi i lavori con Fiba 3×3 ad Abu Dhabi sia con il basket sia con il mix in entrambe le edizioni. Abu Dhabi non è così lontana, ma è lontana per cultura, situazioni e non pensavo di finire lì per lo show.

Credits Marco Brondi

In Cina siamo stati due volte, io sono stato giudice del mondiale di basket freestyle e ho giocato 3vs3 con una streetball legend e un ex nazionale cinese di cui non sapevo il nome e loro viceversa, ma ci hanno annunciati come superstar. La Cina è tanto diversa, la scuola di Jiangmen è un posto abbastanza remoto, arrivavamo, eravamo gli alieni e nessuno parlava con noi. Problemi dappertutto, ore a tradursi le cose, però capisci che la palla non ha confini, capisci che il bambino a cui fai spinnare la palla sul dito, ha lo stesso sorriso in Cina, ad Abu Dhabi, a Milano, a Reggio Calabria e a Copenaghen.

È una cosa molto forte da capire, il bambino ti riporta alla realtà è l’essere umano puro, uguale ovunque. Lì hai la risposta alle problematiche attuali, l’uomo che dimentica di essere stato bambino, nega le sue origini. Probabilmente molti si autoconvincono di essere qualcosa di diverso dal bambino che erano. Il bambino gioca con tutti, gioca con te, con la palla, la palla diventa il veicolo del dialogo e non hai bisogno della lingua.

DaMove e la Giornata dello Sport a Roma

Il momento clamoroso è storia nota, quando abbiamo fatto girare la palla a papa Francesco. Era il 70enario del CSI, ci hanno chiamati perché organizzavano la giornata dello sport a Roma con il papa. C’era il Villaggio Sportivo su Via della Conciliazione e dovevamo intrattenere 100 000 persone. Mentre le società entravano nella piazza dovevamo esibirci con il calcio e con il basket. Il Comitato di Milano ci ha chiamati per fare un’esibizione in via della Conciliazione e qualcosa nell’attesa del pontefice in Piazza San Pietro.

Quando mi hanno detto questa cosa, ho avuto un sogno premonitore tipo una visione e mi sono detto “dobbiamo fare interazione con il papa” e avevo in mente tre cose: la prima che ho scartato era Kam che saltava il papa, la seconda anche era il papa che lanciava un alley-oop, la terza il papa che faceva spinnare la palla, cosa che abbiamo fatto fare a tanti vip da Luca e Paolo, a Claudio Bisio, a Carlo Conti, a Radio Deejay. Quindi ho lanciato l’idea, ma mi hanno fermato perché la nostra esibizione era prima dell’ingresso del Papa ed era impensabile.

Intanto ho ricevuto una chiamata dal CSI di Roma perché ci avevano spostato da via della Conciliazione a Piazza San Pietro. Il cerimoniale prevede che se tu sei uno dei fortunati a omaggiare il papa con la tua performance, questo è il tuo saluto per lui. La cosa che molti non sanno è che quando ti esibisci davanti al lui tu hai dietro il pubblico, ma tu sei rivolto a lui perché lo show è un omaggio al Pontefice.

DaMove e l’incontro con Papa Francesco

Quando siamo arrivati in Piazza San Pietro, ci hanno spostati all’ultimo momento prima dello speech del Papa, perché eravamo gli unici in grado di esibirci davanti a lui. Avevo detto a Fabrizio Smallone: “metti la matita nel calzettone e non toglierla mai!” io ho portato la palla lucida che usiamo per lo spin e ho detto “io la porto perché ci provo fino all’ultimo”. Mentre ce ne stavamo andando felici, abbiamo visto lo staff del Papa che faceva dei cenni e ci indicava di guardare verso di lui.

Quando ci siamo voltati, ci stava invitando a salire perché lui è autorizzato a infrangere il cerimoniale. Siamo saliti, ho preso la palla dal sacco e mentre si complimentava con noi gli ho detto “Grazie, ma vuole provare?” “Non credo di esserne capace” “No, no ma è molto semplice”. Fabry ha tirato fuori la matita e io il pallone e nella sequenza di foto si vede che io sono praticamente in ginocchio, ho avuto un crollo emotivo, la cosa è troppo grossa.

Emotivamente nessuno di noi sa come è tornato nel backstage, lui emana qualcosa di particolare, ho sentito una connessione, qualcosa più alto di noi. Io sono di una famiglia cattolica, non sono praticante, ho una spiritualità che lì è diventata molto più forte perché c’è una sorta di connessione che non so spiegare, è la spiegazione che ci sia qualcosa di più alto. Per noi è stata una benedizione, siamo finiti sul sito del New York Times, è stato il simbolo della giornata.

Per me è stata una cosa molto forte, perché siamo italiani e quello che facciamo noi si fa fatica a capirlo. C’è stato un periodo dove mi chiedevano “quando la smetti di giocare?” “quando ti metti a lavorare?” Questa cosa indirettamente arrivava ai miei che invece mi hanno sempre appoggiato e mi hanno detto “vai per la tua strada”.

Questo episodio è stata una consacrazione da parte del Santo Padre perché quelle persone hanno cambiato completamente idea. Io mi ero già esibito in 20 nazioni, però il Papa è qualcosa che va sopra è una cosa talmente forte che viene percepita da tutti.

Chiara Mezzini
chiaramezzini@gmail.com
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